venerdì 28 marzo 2014

CIBO e SALUTE: una triste realtà

Racchiudono milioni di giovani animali, fatti crescere all’inverosimile e bloccati in uno spazio angusto. Producono miliardi di litri di metano al giorno. Sono i principali responsabili della deforestazione di boschi e foreste, il polmone verde della terra. Consumano più acqua loro di tutti i mezzi di trasporto nel mondo. 
Sono gli allevamenti intensivi. 
È da qui che proviene la maggior parte del cibo che mangiamo e la cui produzione sfugge completamente al nostro controllo. 



Ippocrate, il padre della scienza medica, diceva: «Fa che il cibo sia la tua medicina e che la medicina sia il tuo cibo». Oggi, l’alimentazione è invece tra le prime cause all’origine delle malattie di cui ci ammaliamo. 

Benvenuti nell’era della globalizzazione.


«Il problema dell’alimentazione oggi è di qualità. Fino a settanta anni fa, invece, il problema riguardava la quantità, perché si moriva di fame. Oggi, si muore per il troppo mangiare», spiega Matteo Giannattasio, medico e agronomo, docente di “Qualità degli alimenti e salute del consumatore” all’Università di Padova, e consulente al San Gallicano di Roma per le allergie alimentari. Da circa trent’anni, il dottor Giannatasio si occupa della relazione tra salute e alimentazione. «Devo dire che la situazione è diventata drammatica per quanto riguarda la qualità del cibo. Soprattutto in questo periodo di crisi economica. Perché la povertà è cattiva consigliera. Un po’ per ignoranza, un po’ perché siamo condizionati dalla pubblicità, alla fine scegliamo i prodotti più scadenti, che sono appunto quelli che la pubblicità ci propone».

Già a due anni i bambini ricordano il nome dei prodotti pubblicizzati, li riconoscono al supermercato e li chiedono incessantemente ai propri genitori. Uno studio americano ha dimostrato che ad influenzare maggiormente il peso dei bambini, più ancora della sedentarietà, è il numero di messaggi alimentari scorretti trasmessi attraverso gli spot pubblicitari.

L’Organizzazione mondiale della sanità sostiene che il marketing aggressivo dei cibi ad alta densità energetica e dei fast food, ha un effetto negativo sull’incremento dell’obesità. Questo succede perché più del settanta per cento degli spot alimentari riguardano prodotti ad alto contenuto di grassi, zuccheri e sodio, mentre solo il trenta per cento riguarda frutta, verdura o cereali.

Sostiene Giannatasio: «Mangiare male vuol dire compromettere la salute. È vero che la vita media si è allungata, ma il problema è come arriviamo alla vecchiaia. Le statistiche ci dicono che, a partire dai sessant’anni, il sessanta, settanta per cento della popolazione sopravvive grazie alla medicina, e quindi ai farmaci. Le patologie più frequenti nei giorni nostri sono strettamente legate all’alimentazione». La vecchiaia è sempre più malata, e se i sistemi sanitari sono al collasso, le case farmaceutiche si abboffano di introiti.

Il 70 per cento dell’acqua utilizzata sul pianeta è consumato dall’allevamento e dall’agricoltura. Gli allevamenti consumano molta più acqua di quella necessaria per le coltivazione destinate al consumo umano. Il settimanale “Newsweek” ha calcolato che per produrre soli cinque chili di carne bovina serve tanta acqua quanta ne consuma una famiglia media in un anno.

Nei Paesi industrializzati il cibo è un business nelle mani delle grandi industrie. Il loro scopo è farci riempire i carrelli della spesa quando giriamo in enormi supermercati, dove tutto è perfetto e colorato. Rincorriamo il tre per due, e ci dimentichiamo della nostra stessa salute. 

Il risultato, è che stiamo morendo di patologie legate a una cattiva alimentazione. «Se si produce bene, si ottiene un cibo di qualità, che fa bene alla salute. Invece, oggi i campi sono maltrattati e avvelenati, questa è la tendenza generale. L’agricoltura moderna ha il vantaggio di dare alte rese, ma tra i difetti c’è innanzitutto l’enorme consumo di acqua. Pensate che per produrre cento grammi di arance ci vogliono cinquanta litri d’acqua. Per una fetta di pane ne servono quaranta. L’acqua sta diventando una risorsa ad esaurimento, e quella che c’è, viene anche contaminata dai pesticidi, molti dei quali sono tossici, e che finiscono nel nostro sangue», prosegue l’agronomo.

Una gallina vive tutta la vita in una lettiera grande come un foglio A4, respirando l’ammoniaca che si libera dagli escrementi che produce. Le condizioni igieniche degli allevamenti italiani sono critiche. Gli animali sono in uno stato di stress continuo. La Lav ha riscontrato residui di antibiotici in quattro polli italiani su dieci.Se le moderne tecniche agricole sono dannose per la salute dell’ambiente e dei consumatori, le cose non migliorano per gli animali. Non solo gli allevamenti industriali sono molto inquinanti, ma rappresentano una vera e propria brutalità nei confronti del bestiame. «Quello che l’industria non capisce è che gli animali soffrono, e se non soffrissero, darebbero un prodotto di qualità migliore. Se una mucca è maltrattata e si ammala continuamente, produce latte e carne di cattiva qualità, con residui di farmaci. Quando consumiamo un prodotto animale, noi ingeriamo anche la sofferenza di quell’animale», aggiunge Giannatasio.«Tra l’altro – continua il professore – in Italia è permesso alimentare gli animali con foraggio proveniente da piante geneticamente modificate, come la soia e il mais. Per loro si permette, ma per gli uomini il cibo transgenico si proibisce. 
Gli animali danno tanto all’umanità, e noi dobbiamo averne rispetto. Il dramma odierno è che per ogni cosa che mangiamo, ingeriamo pesticidi, additivi, antibiotici e farmaci che sono stati assunti dagli animali. 
Si stanno sostituendo i prodotti freschi e naturali con quelli industriali. In Italia, il trenta per cento dei bambini sono sovrappeso e sono destinati quasi tutti al diabete. E questo dato è più sensibile nelle regioni più povere. Oggi più siamo poveri, più siamo grassi».


Secondo l’organizzazione International Obesity Taskforce, circa 45 milioni di bambini nel mondo in età scolare sono obesi. In Italia, un terzo dei bambini sono sovrappeso, e un terzo di questi sono obesi, cioè il 10-12 per cento del totale.


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